Patè di sgombro una ricetta rubata a un grande chef

Lo #sgombro, il più povero tra le specie di pesce azzurro, diventa un ottimo antipasto. Carpita a #CiccioSultano questa #ricetta appaga palati esigenti

La prima preoccupazione di chi compra il pesce è di trovarlo fresco, pochi però si preoccupano di seguire la stagionalità e si limitano a controllare la freschezza trascurando che, magari, quel pesce “fresco” proviene da un allevamento intensivo, dove migliaia e migliaia di esemplari crescono stipati in vasche.
Il nostro Mediterraneo è ricco di pesce azzurro e la primavera è il periodo adatto per consumarlo; il “povero” sgombro, lavorato con arte, diventa un ottimo antipasto; spalmato su fette di pane tostato sulla gratella è gradito anche ai palati gourmet.
Antonella D’Isanto, anni fa, aveva assaggiato e apprezzato questo intrigante paté da Ciccio Sultano al ristorante Il Duomo di Ragusa, quando ancora il maestro non era stato insignito dalle stelle Michelin. Intuite le potenzialità dello chef, ha cercato di carpirne la ricetta e, prove dopo prove, adesso ripropone questo piatto ai suoi ospiti, accompagnato dal vino rosato I Balzini Pink Label.
Un vino prodotto da uve rosse vinificate in bianco, Sangiovese e Merlot. Al naso si presenta con intense note floreali e frutti rossi. Fresco al palato, la bella acidità del Sangiovese riequilibra la bocca e la pulisce dal grasso del pesce. Vuoi la ricetta del paté di sgombro? Scrivici una mail.

Il Bacco di Caravaggio e il vino: un capolavoro da degustare

Quest’anno ricorre il cinquecentenario della nascita di Michelangelo Merisi detto Caravaggio; una mostra a Milano si aprirà il 29 settembre, giorno della sua nascita, e celebrerà questo immortale artista che ha innovato i temi delle pittura, ha svincolato le divinità pagane dalla tradizionale visione statica, ha dato fisicità alle figure religiose, ha reso un senso della luce completamente nuovo.
Se si pensa alla correlazione tra Caravaggio e il vino, subito viene in mente il celeberrimo dipinto raffigurante il dio Bacco, conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Un Bacco giovane, muscoloso, in salute e con un’espressione rilassata. Una caraffa e un calice di fattura veneziana attirano l’attenzione: il giovane dio offre la coppa di vino appena versato (se ne vedono le bollicine). Il vino nel bicchiere, attraversato dalla luce, è estremamente realistico; ne vediamo il colore, la trasparenza, le increspature.
Caravaggio con il vino ha avuto un rapporto intenso, intimo, allegorico, si cerca ancora il significato di questo giovane dio e del vistoso fiocco nero sul suo ombelico. Molte correnti di pensiero hanno attribuito le increspature del calice alla mano malferma del giovane, forse leggermente ebbro.
Noi preferiamo una lettura iconoclasta di quesa magnifica opera: narici dilatate, increspature del vino, un movimento circolare per sprigionarne gli aromi, le dita che sorreggono il calice nella parte più bassa dello stelo, affinchè la mano non porti altri effluvi al naso. Tutto questo ci fa immaginare il giovane dio come un novello degustatore, pronto ad assaporare con consapevolezza il nettare servito in quel calice. Prosit!

In cantina quella strana bottiglietta capovolta

Non passa giorno che qualche nostro visitatore domandi incuriosito cosa sia quello strano oggetto di vetro in cima ai tini. E’ un tappo colmatore e preserva il vino dall’esposizione a l’aria e, conseguentemente, a l’ossigeno.

Completamente in vetro e composto da due “bolle” – una chiusa e direttamente in contatto con il vino (quella inferiore), l’altra (quella superiore) aperta per metterci l’acqua e chiudere con il proprio tappo – il colmatore viene messo nel chiusino in cima ai tini, oppure nel cocchiume (apertura delle botti).

La sua prima funzione è quella di permettere di colmare i tini senza aprirli, limitando così l’esposizione del vino all’ossigeno. Osservando la prima ‘bolla’, la trasparenza del vetro mostra se il vino è salito o se si sta ritirando o espandendo, e quindi se bisogna aggiungerne o toglierne. Il vino è un prodotto vivo, tende ad aumentare e diminuire di volume per variazioni climatiche o esterne, aumenta nei giorni di luna piena e viceversa. Un’altra funzione è quella di “gorgogliatore” permette cioè, durante la fermentazione, la fuoriuscita di gas o liquidi senza far entrare aria.

Sull’invenzione di questo oggetto ci sono varie ipotesi; recenti teorie la fanno risalire a Leonardo da Vinci, ma non ci sono documenti a confermarlo. Mentre su autorevoli testi, ripresi anche dal grande Giacomo Tachis, come La vite e il vino dalle origini ai nostri giorni, si può leggere che si devono al XIX secolo molte importanti invenzioni nel campo enologico; la prima mostatrice a cilindri, opera del Dott. Romeni e il colmatore di cristallo inventato da Monsignor Arcangeli, per citare alcuni esempi.

Un terreno chiamato Balzini

La conformazione morfologica del territorio toscano è variegata e vi si alternano zone montuose, collinari, lembi di pianura. Tra i dolci pendii delle colline troviamo insospettate conformazioni di brevi pianori, zone rocciose, scoscese, dirupate. Oppure zone con sedimenti depositati nel corso di millenni, come per esempio le Balze del Valdarno, che con i loro pinnacoli e guglie rocciose rappresentano un paesaggio caratteristico; anche Leonardo Da Vinci ne rimase affascinato e lo raffigurò nello sfondo della Gioconda.
In Toscana le piccole balze vengono comunemente chiamate “balzini”. E’ questo nome con cui nel catasto dei terreni, al foglio 22 dell’Estratto di Mappa N.C.T del comune di Barberino Val d’Elsa, viene denominata la terra comprata quarant’anni fa da Vincenzo D’Isanto e sulla quale impiantò il vigneto.
Analisi geologiche e valutazioni pedologiche gli fecero scegliere quali vigneti impiantarci per estrarne il meglio e produrre un vino dalle caratteristiche uniche e specifiche. Per consolidare la forte identità del territorio l’azienda fu chiamata I Balzini, parimenti i vini prodotti, che accanto a Balzini hanno ognuno il nome del colore della propria etichetta.
I Balzini, una scelta topomastica per una porzione di terreno dove l’uva prodotta viene allevata e curata con grande rigore e passione, per produrre un vino pregiato, un grande Crù appunto!

Attitudini in rosa

Troppo spesso il percorso verso l’uguaglianza tra i sessi si riduce a una spasmodica corsa da parte della donna verso l’emulazione di solidi e comprovati modelli maschili con uno snaturamento che produce orde di donne nervose, tristi, frustrate che cercano di soffocare se stesse per ricalcare i modelli maschili. Vinceremo le nostre battaglie portando avanti anche un modello femminile sul modo di fare le cose.

Donne e motori non solo gioie e dolori

4 marzo Festa Nazionale delle Donne del Vino dove i due mondi si incontreranno in un pomeriggio ricco di iniziative.

Un antico adagio popolare denigra la capacità delle donne alla guida e le ritiene poco adatte alle attività legate alla meccanica. Anche il mondo del vino si identifica con una connotazione prevalentemente maschile; quindi vino e motori: due mondi ancora pieni di pregiudizi contro il gentil sesso che in questa occasione si incontrano.
La festa delle Donne del Vino, indetta per il 4 marzo a livello nazionale, vuole essere un modo gioioso per far conoscere i talenti delle donne, un modo elegante ma anche ironico di far capire che l’altra metà del cielo si affaccia con cognizione in mondi che non sono più solo ad appannaggio maschile. Le donne del vino nelle proprie aziende, cantine, ristoranti, enoteche organizzeranno eventi durante i quali i due temi si incontreranno in maniera allegra, colta, spiritosa.
Antonella D’Isanto de I Balzini ha organizzato la propria festa con un’altra donna del vino, Giulia Franchi, presso l’omonima enoteca a Forte dei Marmi, che riapre i battenti completamente rinnovata e dove la sera del 4 marzo ci sarà un aperitivo durante il quale le signore presenti potranno dimostrare le proprie capacità indovinando i rumori di motori che saranno diffusi in sala.
10 rumori di motori, a caso, non necessariamente legati al mondo automobilistico, per valutare i tanti talenti femminili. Alle 10 vincitrici sarà donata una bottiglia di vino I Balzini Red Label.

Un bravo Sommelier è ambasciatore del vino

Il mondo del vino è in costante evoluzione; da questo settore nascono importanti opportunità lavorative e, tra queste, quella di diventare Sommelier, dove la professionalità paga e offre varie possibilità.
Il percorso professionale richiede grande passione, tempo, denaro, studio e alla fine del corso siamo solo all’inizio di una lunga strada fatta ancora di studio, degustazioni, nozioni da memorizzare, studiare e ancora degustazioni, mantenendosi aggiornati con visite alle cantine, corsi di aggiornamento e specializzazione.
Si tratta indubbiamente di un’attività dinamica in costante sviluppo: il Sommelier può trovare opportunità lavorative in diverse realtà: ristoranti, enoteche, manifestazioni, anteprime del vino, eventi aziendali. In questo contesto un bravo Sommelier, con un’approfondita conoscenza del territorio, dei vini, della filosofia aziendale è un valore aggiunto per l’azienda e diventa ambasciatore di quella cantina e dei vini che fa degustare.
Sono queste le dinamiche che hanno fatto decidere a I BALZINI di costituire una borsa di studio in onore del fondatore – Vincenzo D’Isanto, Sommelier AIS da più di trent’anni – per i giovani aspiranti. L’iniziativa ha avuto consenso e successo e Antonella D’Isanto, che da oltre dieci anni conduce l’azienda agricola, Donna del Vino e imprenditrice attenta ai temi della formazione professionale, ha deciso di mantenere l’iniziativa, pertanto i giovani Sommelier neo abilitati, della delegazione di Firenze, ogni anno si contenderanno il premio per un assegno che copre il costo del corso di terzo livello.

Abbinamenti audaci: pesce e vino rosso.

Una consolidata tradizione fa propendere per la scelta del vino bianco con il pesce. E’ un’abitudine che non tiene conto però della ecletticità del pesce. Sono pesci i molluschi ma anche le acciughe, il merluzzo, il tonno! E poi le modalità di cottura; una sogliola al vapore e una bistecca di tonno alla griglia non hanno la stessa valenza e non possono essere accompagnate dallo stesso tipo di vino.
Non partiamo con il piede sbagliato parlando solo di vini bianchi, ma impariamo a guardare al rosso e pesce come un connubio perfetto, confermato del resto da molti sommelier e chef. L’importante è rispettare le regole di base, non tutti i tipi di vino rosso infatti sono adatti a questo abbinamento. Il rosso si sposa con un pesce grasso, il pesce spada, il tonno, in particolare cucinati alla griglia oppure al forno, al sale e in crosta. Le zuppette di pesce, con pomodoro, olive, peperoncino, chiedono un vino rosso fresco, meno tannico, cioè poco ruvido e più fruttato.
I Balzini Green Label è un vino a base di Sangiovese e Mammolo, vinificato solo in tino di acciaio; presenta la bella acidità del Sangiovese, i profumi floreali del Mammolo, assenza di tannini, in quanto è stato un breve poeriodo sulle bucce e non ha fatto legno. Questo è un vino fresco, poco tannico e si può servire intorno ai 12° , perfetto per zuppette di pesce, bistecca di tonno, pesce in crosta.
Lasciamo i bianchi per i crostacei e i molluschi, senza dimenticare però quel mitico e illuminante articolo di Eric Asimov del New York Times, la sublimazione di ostriche e vino rosso!
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I BALZINI White Label nasce nell’87 come vino da tavola

Qualcuno definisce gli IGT vini di minor pregio rispetto ai vini DOC e DOCG. Di livello ancora inferiore sono stati considerati i vini da tavola, già noti negli anni passati come “vini da pasto”.
Nel tempo, per distinguere i prodotti migliori di quest’ultima categoria di vini, è stata introdotta la denominazioni IGT, Indicazione Geografica Tipica, (ricompresa nella categoria comunitaria IGP), sigla che indica vini prodotti in determinate regioni o aree geografiche, con l’obbligo di rispettare un disciplinare di produzione.
La Toscana annovera tra gli Igt alcuni tra i migliori vini del panorama vitivinicolo italiano. Blend audaci per l’epoca di produzione, ma forti espressioni del territorio dove sono stati pensati e prodotti.
A Vincenzo D’Isanto, produttore illuminato che preferì comprendere le potenzialità del suo terreno piuttosto che adeguarsi per forza a un disciplinare e alle consuetudini, fece analizzare la terra de I Balzini, tufacea, a base di sabbie gialle e con forte presenza di fossili, che risultò ideale per il Cabernet Sauvignon. Da lì l’idea di fare un blend: Sangiovese, Cabernet Sauvignon, un poco di Canaiolo. Maturato in piccole botti di rovere di Slavonia, ne nacquero 5230 bottiglie di “vino da tavola”. Alcune di queste verranno presentate al tavolo di degustazione di Terre di Toscana, lunedì 6 marzo in occasione della giornata dedicata alle vecchie annate. Bentornato ’87, nostro vino da tavola, dopo trent’anni dimostrerai chi sei.

Vigneti in Chianti ma produzione di vini IGT

La definizione IGT (ricompresa nella categoria comunitaria IGP) significa Indicazione Geografica Tipica, ed è la terza delle cinque classificazioni dei vini recepite in Italia. Con questo termine si indicano vini prodotti in determinate regioni o aree geografiche, autorizzate a termini di legge con l’obbligo di rispettare un disciplinare di produzione. Questa definizione separa gli Igt dai vini da tavola e da questa denominazione sono nati vini tra i più importanti nel panorama vinicolo italiano. Il Sassicaia, per esempio, nasce come “vino da tavola”, poi diventa Igt e Doc nel 1993, prima denominazione italiana destinata a un unico vino.
DOC e DOCG – Denominazione di Origine Controllata e Denominazione di Origine Controllata e Garantita; la seconda viene attribuita a vini con caratteristiche specifiche dal punto di vista territoriale (zone di piccole o medie dimensioni) e, oltre alla territorialità, aggiunge il particolare pregio.
In Toscana tra doc e docg ci sono ben oltre quaranta denominazioni, alcune veramente piccole come territorio e sconosciute ai più. In un mondo che va verso la globalizzazione, con aspettative commerciali che guardano fuori da i confini nazionali, dforse questa tendenza alle denominazioni dovrebbe essere rivisitata, valutando la possibilità di posizionarsi sui mercati esteri con un brand forte, la Toscana, che all’estero è già sinonimo di vini di qualità ed eccellenza.
Fare IGT significa esplorare un territorio, decidere che vitigni piantarci, comprendere la potenzialità di quelle uve e cercare di estrarne il meglio. Creare blend che identifichino queste scelte e immettere sul mercato vini originali, espressione di quel territorio e del genio del produttore che ha voluto dare il meglio di quanto allevato in vigna. Un blend Igt Toscana potrebbe essere un modo di dare forza e vigore alla nostra produzione vitivinicola, creare un’identità forte, consolidare un’immagine univoca di eccellenza. E’ questo che ha voluto evidenziare il Marchese Piero Antinori in una sua recente intervista.

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