“Gold Label” in arrivo a Ottobre per collezionisti

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Merlot in purezza, 2012, prodotto in 360 bottiglie e 250 magnum, in arrivo a ottobre per collezionisti, fino a 400-500 euro a bottiglia: è “Gold Label”, un vino che si presenta come il più caro d’Italia nel suo genere, per i 35 anni de I Balzini

Un vino esclusivo, prodotto in sole 360 bottiglie e 250 magnum, che si preannuncia come il “più caro d’Italia nel suo genere”. È il Gold Label, Merlot in purezza annata 2012 prodotto da I Balzini in Toscana, nato per celebrare i 35 anni dell’azienda chiantigiana celebre per le sue etichette White Label, Blake Label, Pink Label, Red Label e Green Label, che arriverà infatti sul mercato a ottobre, destinato soprattutto a collezionisti e aste internazionali.

Come spiega Antonella D’Isanto, proprietaria della tenuta insieme al marito Vincenzo, “sarà il vino più caro d’Italia nel suo genere che una volta in enoteca potrebbe raggiunger i 400-500 euro a bottiglia, molto più delle più blasonate etichette italiane”.

Il Gold Label – aggiunge – è un vino esclusivo, frutto di un lavoro durato 10 anni su un singolo vigneto. Abbiamo svolto un lavoro sulle radici del vigneto per far affondare il fittone verso la terra più profonda, verso un abisso che è la memoria di un mare preistorico il cui ricordo resta nei fossili e nella potente ricchezza dei sali minerali che conferiscono al vino un carattere unico e prezioso”.
E anche il packaging della bottiglia è prezioso con un’etichetta celebrativa in oro zecchino fuso direttamente sul vetro da un’azienda artigiana, tappi naturali selezionati per non presentare sentori di sughero, e vetro provenienti da un’azienda francese specializzata in bottiglie di lusso.

Merlot d’oro non solo sull’etichetta

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Il teatro è quello delle sontuose stanze dell’Enoteca Pinchiorri, la cantina che tutto il mondo ci invidia. Le viuzze antistanti il centro di Firenze sono violentate da lavori in corso perenne, mentre tra i locali freschi dello scrigno gigliato, la faccia bella dell’Italia ha i modi regali di Feolde e di uno staff di prim’ordine che ci ospita insieme ad alcuni compagni di viaggio calorosi e veraci: Aldo Fiordelli, Paolo Pellegrini, Aldo Grandi, Gianni Mercatali. Luca Gardini (campione del mondo 2010), presentato ironicamente come lo “Sgarbi” dei Sommelier, già operativo nel 2004 tra le cantine del locale fiorentino guida l’appuntamento con possente energia romagnola.

L’occasione è l’assaggio, in abbinamento con i piatti degli chef di Pinchiorri, de’ I Balzini Gold Label 2012, figlio prediletto della Società Agricola I Balzini, fieri produttori di nicchia in quel di Barberino Val d’Elsa. Azienda con 13 ettari di terreni, capitanata dall’energica Antonella D’Isanto, per cui il vino è proprio un lembo del proprio cuore, del proprio fegato e spirito, una scommessa studiata sul connubio tra internazionalità e frutto del territorio. Amare un figlio significa anche vestirlo bene. Infatti, dopo una Terrina di coniglio e dei Mezzi Paccheri con stracotto di spalla d’agnello, abbinati al White Label 2009 (che si muove su territori più standardizzati), ecco esordire il Gold Label 2012 con l’etichetta celebrativa in oro zecchino fuso direttamente sulla bottiglia da una vetreria di Montespertoli.

ragazzi di Pinchiorri sfoderano un abbinamento perfetto con l’Anatra al miele e spezie con agretti e composta di pomodoro affumicato, mentre Luca Gardini ci decanta la sua visione schietta, pulita, immediata del mondo del vino. Il Gold Label nasce da rese bassissime, circa 800grammi per pianta. Merlot che conosce subito la barrique fino ai 18 mesi, estremamente concentrato, minerale e morbido.

Il lavoro dell’enologa, Barbara Tamburini, persona preziosa e delicata, è straordinario. Il vino, così importante, così Merlot, gode di una freschezza rara e di una bevibilità, sparsa per 14,5% vol., assolutamente eccellente. Pieno e rotondo, femmineo. Una linea decisa, non certo facilmente ripetibile, per un lavoro in vigna estremamente rispettoso degli equilibri che governano il mondo, con una propensione biologica propria di chi ama la natura da sempre. Tale avvezzo non è una moda, nemmeno un diktat (soprattutto in annate che mettono a dura prova il bio, vedi l’ultima), ma una continua fioritura di giorni che, uno dopo l’altro, ci regalano un’ambrosia invidiabile.

Oro sulla bottiglia, il Merlot più caro

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di Luciano Ferraro

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C’è un tesoro in cantina, bottiglie con l’etichetta di oro zecchino fuso nel vetro. Dentro c’è un Merlot in purezza, annata 2012. Costa almeno 500 euro, il vino più caro d’Italia nella sua categoria. Il tesoro è stato pensato e voluto da Antonella D’Isanto, una siciliana bionda e solare. «Tesori sotterranei» — come nel libro Terre basse di José Saramago — dove «sfociano i grandi affluenti delle uve schiacciate e del mosto, qui si filtrano, decantano e dormono gli spiriti sottili del vino, caverne dove gli uomini vengono a conservare il sole».

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La bottiglia che disegna con l’oro le sommità di tre colline si chiama Gold Label, è prodotta dall’azienda I Balzini. «Un bellissimo posto», lo definisce il commissario Bordelli, l’investigatore fiorentino che lo scrittore Marco Vichi fa approdare proprio nel podere dei D’Isanto sulle tracce dei «Fantasmi del passato», il titolo di uno dei suoi gialli editi da Guanda. Circa 13 ettari a Barberino Val d’Elsa, uno dei Comuni del Chianti classico.

Antonella D’Isanto era una consulente del lavoro, ha lasciato tutto per dedicarsi alla cantina voluta dal marito Vincenzo, amico di Sergio Manetti, il visionario e colto imprenditore siderurgico che nel 1971 fondò Montevertine e creò Le Pergole Torte, il grande rosso che ha infranto l’ortodossia chiantigiana dell’epoca.

Antonella era una ragazza quando attraversava l’Italia in treno per studiare Sociologia ad Urbino. In quel momento il marito Vincenzo, commercialista, dopo aver acquistato una bottiglia di vino con le prime 10 mila lire guadagnate, decise di diventare produttore. Comprò il terreno nel 1977 e fondò l’azienda agricola nel 1980. E si affidò a Giulio «Bicchierino» Gambelli, il più grande conoscitore del Sangiovese. Restò a bocca aperta quando l’enologo, creatore di grandi Chianti Classico e di Brunello di Montalcino imbattibili, gli disse che «con quel tufo nella terra non se ne parla di far crescere Sangiovese».

«Ma ci disse — racconta Antonella — che potevamo piantare vitigni internazionali, che le viti dovevano andare più a fondo. Con le vigne più vecchie si è quindi scelto il sistema del capovolto toscano, con un lavoro alle radici per far affondare il fittone verso la terra più profonda, verso un abisso che è la memoria di un mare preistorico, il cui ricordo resta nei fossili e nella potente ricchezza dei sali minerali».

Il primo vino è stato messo in commercio nel 1991: ora la gamma comprende gli uvaggi (tutti da vitigni rossi) White Label, Black Label, Red Label, Green Label, Pink Label. E ora il Gold Label.

«Nel 2004 ho pensato che il mio posto non era più in ufficio ma in cantina — racconta Antonella — e ho iniziato subito a lavorare alla mia creatura, una bottiglia dorata per festeggiare i 35 anni della nostra azienda».

Le bottiglie del Merlot dorato sono poche: 360, oltre a 250 magnum. Color rubino, il Gold Label 2012 ricorda la Francia di Pomerol, secondo il sommelier Luca Gardini, che negli ultimi anni ha seguito la nascita di questo vino. Il Merlot profuma di alloro ed eucalipto. Ha una sapidità bilanciata, un carattere felpato che non fa pesare i 14,5 gradi alcolici. Merito anche delle scelte in campagna, dove è stata preferita la linea di rese bassissime, un chilogrammo per pianta, per aumentare la qualità dell’uva.

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Con una bottiglia così costosa, i tappi difettosi sarebbero un danno enorme. Per questo sono stati adottati monopezzi di sughero naturale, annusati uno ad uno dal personale addestrato prima di essere usati.

Altre due donne sono a fianco di Antonella in questa idea di Merlot super lusso: sono la figlia Diana, 30 anni, e l’enologa Barbara Tamburini.

«L’azienda è a conduzione biologica ma non ancora certificata», racconta la vignaiola, che di se stessa parla come di una «gioiosa marea trasportata dalla Sicilia alla Toscana». Fino ad arrivare, come scrive Saramago, dove «si filtrano, decantano e dormono gli spiriti sottili del vino».

Una Gold Label per veri appassionati

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Il vino più caro d’Italia: una Gold Label per veri appassionati

Frutto di un lavoro durato dieci anni, la Gold Label de I Balzini è impreziosita da un’etichetta in oro fuso.

35 festeggiati in grande: una Gold Label, Merlot in purezza 2012, riservata ad appassionati e collezionisti. Una produzione di nicchia, che conta solo 360 bottiglie e 250 magnum: questo è ciò che i Balzini hanno realizzato per festaggiare l’importante traguardo raggiunto!

Prezioso il contenuto, prodotto con 10 anni di lavoro in vigna, prezioso il packaging, dal momento che la bottiglia presenta un’etichetta in oro zecchino fuso su un vetro prodotto da un’azienda francese specializzata in bottiglie di lusso e tappi naturali per evitare il rischio di presentare sentori di sughero.

Così ha commentato Antonella d’Isanto che, con il marito Vincenzo, guida l’azienda: “sarà il vino più caro d’Italia nel suo genere che una volta in enoteca potrebbe raggiunger i 400-500 euro a bottiglia, molto più delle più blasonate etichette italiane… Il Gold Label è un vino esclusivo, frutto di un lavoro durato 10 anni su un singolo vigneto. Abbiamo svolto un lavoro sulle radici del vigneto per far affondare il fittone verso la terra più profonda, verso un abisso che è la memoria di un mare preistorico il cui ricordo resta nei fossili e nella potente ricchezza dei sali minerali che conferiscono al vino un carattere unico e prezioso”.

BALZINI, ARRIVA IL GOLD LABEL !!!

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Dopo anni di sperimentazioni l’azienda I Balzini di Barberino Val d’Elsa lanciano sul mercato la Gold Label, un merlot in purezza prodotto in 360 bordolesi e 250 magnum. Ecco cosa c’è dietro il vino più costoso d’Italia nella sua categoria

Partiamo da un presupposto: a volte il prezzo di una bottiglia è dato da fattori che nulla o quasi hanno a che vedere con il valore aggiunto tangibile che il consumatore può percepire in un bicchiere (marketing, blasone, ecc…). Altre volte, a influenzare il valore economico sono invece i dettagli, le sfumature, il lavoro e la ricerca che trasformano un vino in un prodotto di lusso. Ebbene, l’ultimo nato in casa Balzini – quella Gold Label che da un decennio la produttrice Antonella D’Isanto accarezzava e vedeva progredire, insieme all’enologa Barbara Tamburini – è uno di quei rari casi in cui dietro ai numeri c’è una storia di passione e cuore che merita di essere raccontata. E i circa 500 euro che sarà necessario pagare per una bottiglia sono il frutto, come vedremo, di una serie di fattori rivolti verso la ricerca di un’eccellenza che va al di là dell’ispirazione luxury.

Partiamo, ovviamente, dal vino in sé. Si tratta di un merlot in purezza annata 2012 prodotto in sole 360 bottiglie e 250 magnum, che andrà in commercio in ottobre e sarà destinato soprattutto ai collezionisti e alle aste internazionali. Presentato all’Enoteca Pinchiorri di Firenze, si preannuncia come il vino più costoso d’Italia nella sua categoria. Ha un perfetto equilibrio olfattivo, caratterizzato da note di mora e cassis. In bocca è morbido come si addice a un merlot, ma rotondo e avvolgente, con grandi margini di resistenza all’invecchiamento. Un vino che risentito tra 25 anni promette di emozionare ancora, insomma. Lungi dal voler scimmiottare i “Supertuscans” più blasonati, dall’allinearsi alle fasce di prezzo delle grandi casate vinicole toscane né tantomeno dal voler celebrare i 35 anni dell’azienda con un esercizio di opulenza che mal di concilierebbe a produttori avveduti e intelligenti come Antonella e Vincenzo D’Isanto, il “Gold Label” è ben altro.

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Ogni passaggio produttivo, così come ogni elemento che lo compone, deriva infatti da scelte ben precise. A partire ovviamente dalle uve, che Antonella voleva fossero l’espressione più profonda del territorio dove sorge l’azienda. Una metafora? Tutt’altro: la produttrice ha fatto sì che le radici del vigneto da cui si ricava il Gold Label cercasserosempre più in profondità nel terreno, facendo affondare fisicamente “fino all’abisso – spiega Antonella – che è la memoria di un mare preistorico il cui ricordo resta nei fossili e nella potente ricchezza dei sali minerali che conferiscono al vino un carattere unico e prezioso”. Per dieci anni la famiglia D’Isanto ha cullato quel singolo vigneto, alla ricerca di un mix di profumi, colore e sapore che lo rendessero il vino ammiraglio di tutta l’azienda. Un lavoro dispendioso, se è vero che due persone hanno dovuto lavorare per 8 ore al giorno per indirizzare le radici, almeno due volte l’anno, e se è vero che ogni grappolo è scelto e vendemmiato a mano.

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Anche il packaging della bottiglia è ricercato e prezioso, con un’etichetta celebrativa inoro zecchino fuso direttamente sul vetro, mentre i tappi di sughero naturali sono stati selezionati e annusati a uno a uno per ridurre al minimo la possibilità di presentare sentori sgradevoli. Attenzione maniacale è stata rivolta persino al vetro del Gold Label, proveniente da un’azienda francese specializzata in bottiglie di lusso: una scelta in controtendenza, rispetto all’afflato ecosostenibile portato avanti dalla figlia Diana negli ultimi anni, ma giustificato dall’esigenza di dar vita a qualcosa di unico. Insomma, il Gold Label dei Balzini è un vino che farà parlare di sé in una certa cerchia di appassionati. Ne è conferma il giudizio dato da Luca Gardini, sommelier campione del mondo, il primo – ma non certo l’unico – a rimanerne impressionato.

In Val d’Elsa il prezioso vino Gold Label

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Un merlot in purezza annata 2012 prodotto in sole 360 bottiglie e 250 magnum, destinato soprattutto a collezionisti e aste internazionali. E’ il ‘Gold Label’, prodotto dall’azienda I Balzini nel territorio di Barberino Val d’Elsa, sul mercato a ottobre, che si preannuncia come il vino più caro d’Italia nel suo genere.

Il prezzo in enoteca del Gold Label, nato per celebrare i 35 anni dell’azienda, secondo i proprietari della tenuta può infatti raggiungere un prezzo di 500 euro a bottiglia. Anche il packaging della bottiglia è ricercato e prezioso, con un’etichetta celebrativa in oro zecchino fuso direttamente sul vetro, tappi naturali selezionati per non presentare sentori di sughero, vetro proveniente da un’azienda francese specializzata in bottiglie di lusso.

«Il Gold Label è un vino esclusivo – afferma Antonella D’Isanto, proprietaria della tenuta insieme al marito Vincenzo – frutto di un lavoro durato 10 anni su un singolo vigneto. Abbiamo svolto un lavoro sulle radici del vigneto per far affondare il fittone verso la terra più profonda, verso un abisso che è la memoria di un mare preistorico il cui ricordo resta nei fossili e nella potente ricchezza dei sali minerali che conferiscono al vino un carattere unico e prezioso».

I Balzini Gold Label: una lunga storia d’amore

Gold. Oro, il colore della festa, della celebrazione: ecco l’ultimo colore nato dalla fantasia di Antonella D’Isanto per l’arcobaleno dei suoi vini (e della grappa, e della gelatina) a I Balzini, azienda con 13 ettari di terreni nel comune di Barberino Val d’Elsa, a pochi passi dalla storia, leggendaria e misteriosa quanto dolorosa, della piccola Semifonte che osò sfidare la potente Fiorenza già avviata, in età Comunale, a diventare la capitale del mondo medievale: una memoria perpetuata oggi solo nella piccola cappella edificata a fine Cinquecento e coronata da una cupola che riproduce esattamente in scala quella del Brunelleschi per Santa Maria del Fiore. Azienda, I Balzini, ammessa a buon diritto nel ristretto club del Comitato Grandi Cru d’Italia, del quale fanno parte le aziende che da almeno vent’anni producono vini riconosciuti e apprezzati dalle più importanti guide di settore italiane e internazionali.

Si chiama appunto I BALZINI Gold Label, l’ultimo nato tra i Supertuscans dell’azienda. Un Merlot in purezza dalle uve più “antiche” della proprietà, acquistata nel 1977 da Vincenzo D’Isanto, noto commercialista fiorentino: esisteva come I Balzini sui fogli del catasto, e con quel nome diventò azienda agricola nel 1980, per produrre sette anni più tardi il primo vino immesso in commercio poi nel 1991. Un’idea coltivata fin da giovane, quando con le sue prime 10 mila lire Vincenzo D’Isanto si compra, in un’enoteca di Greve, una bottiglia di vino importante. In quel momento scoprì un mondo e pensò: “voglio farlo anch’io il mio vino: elegante e piacevole da bere”. Cominciò a lavorare con un maestro del vino toscano, il celebre Giulio Gambelli, un grande estimatore del Sangiovese, che tuttavia sconsigliò di piantare l’uva principe del Chianti nel terreno scelto per il primo vigneto, un terreno tufaceo, più adatto ai vitigni internazionali per realizzare tagli bordolesi. Poi, nel 2004 a I Balzini arrivò la moglie Antonella, che aveva deciso di lasciare il suo studio fiorentino di consulente del lavoro per diventare a tutti gli effetti produttrice di vino. Con lei, poco dopo, un’altra donna: l’enologa Barbara Tamburini, con la quale c’è un rapporto strettissimo di collaborazione anche se “io mi fido soltanto di Vincenzo – confessa Antonella. In qualche modo è il mio maestro perché per qualsiasi parere e riferimento ha sempre la risposta giusta. L’enologa e l’agronomo sono bravissimi, mi aiutano e mi insegnano tante cose. Ma io poi mi confronto sempre con lui che, in modo pragmatico, mi arricchisce delle sue competenze”. Antonella ha poi un atteggiamento di grande rispetto ambientale che è un altro motivo d’orgoglio per I Balzini: l’impianto fotovoltaico che climatizza la cantina, il cattura-luce posto sul tetto della barricaia sotterranea che consente di lavorare tra le barrique senza far ricorso alla corrente elettrica, la riduzione di 200 grammi del peso delle bottiglie.

GOLD E I SUOI FRATELLI

Per celebrare i 35 anni dell’azienda, Antonella D’Isanto ha voluto creare questo Gold Label, che si affianca alla gamma dei suoi “fratelli”: White Label, 50% Sangiovese e 50% Cabernet Sauvignon; Black Label, 50 % Cabernet Sauvignon e 50% Merlot; Red Label, 33% Sangiovese, 33% Merlot, 34% Cabernet Sauvignon; Green Label, 85% Sagiovese e 15% Mammolo il vino fresco “perché mia figlia Diana – racconta divertita Antonella – mi chiedeva un vino ‘da bere con un piatto di pasta’. Pink Label, il rosé, 80% Sangiovese e 20% Merlot perché in effetti avrei voluto un vino rosso da abbinare a zuppe di pesce o piatti di mare e volevo qualcosa di diverso dal solito Pinot Noir.”

Curiosa storia, quella dell’arcobaleno Balzini, nome che tutti i vini portano accanto al colore dell’etichette, per ricordare le balze dei vigneti . “Si ricordano bene”, spiega in sintesi Antonella. Forse memore di quando, all’inizio di questa sua nuova carriera, con la sua valigia iniziò ad affrontare i mercati esteri diventando subito, dietro ai banchi di assaggio nelle fiere internazionali, Mrs. Balzini. “Chiedono il colore, e se il Green evoca la freschezza e la gioventù, il Red è pensato per gli asiatici, in Cina il rosso è un colore dominante”.

Infine, il Gold. Il vino che chiude il cerchio, perché nasce dalle vigne più vecchie, allevate con il sistema del capovolto toscano, ma soprattutto studiato con l’agronomo dell’azienda, Roberto Lamorgese, un lavoro alle radici, per far affondare il fittone verso la terra più profonda, verso un abisso che è la memoria di un mare preistorico il cui ricordo resta nei fossili e nella potente ricchezza dei sali minerali. Una storia iniziata dieci anni fa e che oggi si traduce in questo capolavoro di profumi e di gusto, frutto di rese bassissime in vigna, molto meno di un kg di uva per pianta. Il colore è rubino molto intenso e profondo, l’aroma ricco e variegato, caratterizzato da note di piccoli frutti neri maturi e spezie molto eleganti, unite a sentori di cacao, liquirizia e cuoio lavorato. In bocca si presenta morbido e vellutato, con una fitta trama di tannini delicati e setosi con una lunga persistenza aromatica, caratteristiche sulle quali l’enologo campione del mondo Luca Gardini ha ricamato una bellissima riflessione: “Se si guarda a quello che dice il bicchiere sembra di stare in Pomerol”.

Un vino del genere aveva bisogno di un “abito” importante. Nasce così l’etichetta celebrativa in oro zecchino fuso direttamente sulla bottiglia da una vetreria di Montespertoli (“Ho preferito l’oro perché il diamante o il platino sono freddi”, spiega Antonella), di bel formato tronco-conico con la picura ben pronunciata. Un vino internazionale nella confezione: la bottiglia viene dalla francese Saverglass, di Feuquières, specialista mondiale in bottiglie lusso; la capsula, quasi invisibile a formare un corpo unico con il collo, è dell’austriaca Bt Watzke di Pinggau; infine il tappo, che arriva da S. Paio de Oleiros, dalla filiale portoghese della californiana Cork Supply, sugheri naturali da 49 mm annusati uno ad uno da personale particolarmente addestrato per evitare che il tappo porti contaminazioni in cantina.

Un vino importante frutto di un lungo lavoro in vigna, che avrà anche un prezzo altrettanto importante: “Ma sono orgogliosa – commenta Antonella – di un vino bello, equilibrato, pulito, elegante che ho voluto io, concepito in vigna e affinato amorevolmente in cantina.”