Gold. Oro, il colore della festa, della celebrazione: ecco l’ultimo colore nato dalla fantasia di Antonella D’Isanto per l’arcobaleno dei suoi vini (e della grappa, e della gelatina) a I Balzini, azienda con 13 ettari di terreni nel comune di Barberino Val d’Elsa, a pochi passi dalla storia, leggendaria e misteriosa quanto dolorosa, della piccola Semifonte che osò sfidare la potente Fiorenza già avviata, in età Comunale, a diventare la capitale del mondo medievale: una memoria perpetuata oggi solo nella piccola cappella edificata a fine Cinquecento e coronata da una cupola che riproduce esattamente in scala quella del Brunelleschi per Santa Maria del Fiore. Azienda, I Balzini, ammessa a buon diritto nel ristretto club del Comitato Grandi Cru d’Italia, del quale fanno parte le aziende che da almeno vent’anni producono vini riconosciuti e apprezzati dalle più importanti guide di settore italiane e internazionali.
Si chiama appunto I BALZINI Gold Label, l’ultimo nato tra i Supertuscans dell’azienda. Un Merlot in purezza dalle uve più “antiche” della proprietà, acquistata nel 1977 da Vincenzo D’Isanto, noto commercialista fiorentino: esisteva come I Balzini sui fogli del catasto, e con quel nome diventò azienda agricola nel 1980, per produrre sette anni più tardi il primo vino immesso in commercio poi nel 1991. Un’idea coltivata fin da giovane, quando con le sue prime 10 mila lire Vincenzo D’Isanto si compra, in un’enoteca di Greve, una bottiglia di vino importante. In quel momento scoprì un mondo e pensò: “voglio farlo anch’io il mio vino: elegante e piacevole da bere”. Cominciò a lavorare con un maestro del vino toscano, il celebre Giulio Gambelli, un grande estimatore del Sangiovese, che tuttavia sconsigliò di piantare l’uva principe del Chianti nel terreno scelto per il primo vigneto, un terreno tufaceo, più adatto ai vitigni internazionali per realizzare tagli bordolesi. Poi, nel 2004 a I Balzini arrivò la moglie Antonella, che aveva deciso di lasciare il suo studio fiorentino di consulente del lavoro per diventare a tutti gli effetti produttrice di vino. Con lei, poco dopo, un’altra donna: l’enologa Barbara Tamburini, con la quale c’è un rapporto strettissimo di collaborazione anche se “io mi fido soltanto di Vincenzo – confessa Antonella. In qualche modo è il mio maestro perché per qualsiasi parere e riferimento ha sempre la risposta giusta. L’enologa e l’agronomo sono bravissimi, mi aiutano e mi insegnano tante cose. Ma io poi mi confronto sempre con lui che, in modo pragmatico, mi arricchisce delle sue competenze”. Antonella ha poi un atteggiamento di grande rispetto ambientale che è un altro motivo d’orgoglio per I Balzini: l’impianto fotovoltaico che climatizza la cantina, il cattura-luce posto sul tetto della barricaia sotterranea che consente di lavorare tra le barrique senza far ricorso alla corrente elettrica, la riduzione di 200 grammi del peso delle bottiglie.
GOLD E I SUOI FRATELLI
Per celebrare i 35 anni dell’azienda, Antonella D’Isanto ha voluto creare questo Gold Label, che si affianca alla gamma dei suoi “fratelli”: White Label, 50% Sangiovese e 50% Cabernet Sauvignon; Black Label, 50 % Cabernet Sauvignon e 50% Merlot; Red Label, 33% Sangiovese, 33% Merlot, 34% Cabernet Sauvignon; Green Label, 85% Sagiovese e 15% Mammolo il vino fresco “perché mia figlia Diana – racconta divertita Antonella – mi chiedeva un vino ‘da bere con un piatto di pasta’. Pink Label, il rosé, 80% Sangiovese e 20% Merlot perché in effetti avrei voluto un vino rosso da abbinare a zuppe di pesce o piatti di mare e volevo qualcosa di diverso dal solito Pinot Noir.”
Curiosa storia, quella dell’arcobaleno Balzini, nome che tutti i vini portano accanto al colore dell’etichette, per ricordare le balze dei vigneti . “Si ricordano bene”, spiega in sintesi Antonella. Forse memore di quando, all’inizio di questa sua nuova carriera, con la sua valigia iniziò ad affrontare i mercati esteri diventando subito, dietro ai banchi di assaggio nelle fiere internazionali, Mrs. Balzini. “Chiedono il colore, e se il Green evoca la freschezza e la gioventù, il Red è pensato per gli asiatici, in Cina il rosso è un colore dominante”.
Infine, il Gold. Il vino che chiude il cerchio, perché nasce dalle vigne più vecchie, allevate con il sistema del capovolto toscano, ma soprattutto studiato con l’agronomo dell’azienda, Roberto Lamorgese, un lavoro alle radici, per far affondare il fittone verso la terra più profonda, verso un abisso che è la memoria di un mare preistorico il cui ricordo resta nei fossili e nella potente ricchezza dei sali minerali. Una storia iniziata dieci anni fa e che oggi si traduce in questo capolavoro di profumi e di gusto, frutto di rese bassissime in vigna, molto meno di un kg di uva per pianta. Il colore è rubino molto intenso e profondo, l’aroma ricco e variegato, caratterizzato da note di piccoli frutti neri maturi e spezie molto eleganti, unite a sentori di cacao, liquirizia e cuoio lavorato. In bocca si presenta morbido e vellutato, con una fitta trama di tannini delicati e setosi con una lunga persistenza aromatica, caratteristiche sulle quali l’enologo campione del mondo Luca Gardini ha ricamato una bellissima riflessione: “Se si guarda a quello che dice il bicchiere sembra di stare in Pomerol”.
Un vino del genere aveva bisogno di un “abito” importante. Nasce così l’etichetta celebrativa in oro zecchino fuso direttamente sulla bottiglia da una vetreria di Montespertoli (“Ho preferito l’oro perché il diamante o il platino sono freddi”, spiega Antonella), di bel formato tronco-conico con la picura ben pronunciata. Un vino internazionale nella confezione: la bottiglia viene dalla francese Saverglass, di Feuquières, specialista mondiale in bottiglie lusso; la capsula, quasi invisibile a formare un corpo unico con il collo, è dell’austriaca Bt Watzke di Pinggau; infine il tappo, che arriva da S. Paio de Oleiros, dalla filiale portoghese della californiana Cork Supply, sugheri naturali da 49 mm annusati uno ad uno da personale particolarmente addestrato per evitare che il tappo porti contaminazioni in cantina.
Un vino importante frutto di un lungo lavoro in vigna, che avrà anche un prezzo altrettanto importante: “Ma sono orgogliosa – commenta Antonella – di un vino bello, equilibrato, pulito, elegante che ho voluto io, concepito in vigna e affinato amorevolmente in cantina.”