I Balzini in carta ristorante”Seta”Mandarin Oriental

In carta sulla lista dei vini al Seta , ristorante del prestigioso Hotel Mandarin Oriental a Milano. In questa esclusiva location è possibile degustare l’evoluzione del capostipite de I Balzini, abbinando le diverse annate alle creazioni gastronomiche premiate, a pochi mesi dall’apertura, da una Stella Michelin.

Italo “i Viaggi del Gusto”. Il vino è femmina.

Gran dame di Toscana 

Dall’Umbria alla Toscana il passo è breve.

…. “Antonella D’Isanto, siciliana di nascita e toscana d’adozione, titolare dell’azienda vinicola I Balzini di Barberino Val d’Elsa, una delle piccole realtà più interessanti del panorama toscano. Ed è qui, sulle colline a metà strada tra Firenze e Siena, che per oltre un decennio Antonella ha portato avanti un progetto unico per la sua Gold Label, una sfida ai limiti della sostenibilità economica ma dal grande valore simbolico. La produttrice voleva che le uve fossero l’espressione più profonda del territorio dove sorge l’azienda, e ha fatto sì che le radici del vigneto da cui si ricava il Gold Label cercassero sempre più in profondità nel terreno, facendole affondare fisicamente «fino all’abisso – spiega – che è la memoria di un mare preistorico il cui ricordo resta nei fossili e nella potente ricchezza dei sali minerali che conferiscono al vino un carattere unico». Per dieci anni la famiglia D’Isanto ha cullato quel singolo vigneto di Merlot alla ricerca del mix ideale di profumi, colore e sapore. Un lavoro dispendioso, dal momento che due persone hanno dovuto lavorare per 8 ore al giorno per indirizzare le radici esclusivamente verso il basso, almeno due volte l’anno. Per Antonella D’Isanto, che è anche presidente toscana delle Donne del Vino, il risultato è arrivato quest’anno col debutto di un vino luxury – circa 500 euro alla bottiglia – prodotto in 360 bottiglie e 250 magnum.”

“Gli uomini collezionano il vino, le donne lo condividono, gli uomini usano il vino per impressionare gli altri, mentre le donne lo usano per creare ricordi”

(Liz Thach, Sonoma State University’s School of Business and Economics, California)Estratto dal Magazine ” I Viaggi del Gusto” Ottobre 2015.

Un merlot d’oro per i 35 anni de i Balzini

Oinos – anno IV, n.4

di Daniela Fabietti

Questa storia inizia nel “lontano” 1977,
un’epoca “antica” per la storia della viticoltura
toscana di qualità, ma anche di
gran fermento enoico, quando Vincenzo
D’Isanto, persona molto pragmatica
e meticolosa, decise d’acquistare
a Pastine, vicino Barberino Val d’Elsa,
una casa colonica con dei terreni denominati
sui fogli catastali Balzini. Per
capire cosa fare a “I Balzini” Vincenzo
va subito sul sicuro, rivolgendosi al noto
assaggiatore che abita nella vicina
Poggibonsi, il mitico “Bicchierino”, al
secolo Giulio Gambelli, principe del
Sangiovese toscano: ma il maestro
sentenzia, come suo solito senza giri
di parole, che lì però il Sangiovese
non può crescere bene, nel terreno c’è
troppo tufo, meglio scegliere vitigni capaci
di andare a fondo nel terreno fino
ad abbracciare quei fossili di conchiglie
e sali minerali di cui quella terra è ricca.
Così nel 1980, armato di passione e
coraggio, il noto commercialista fiorentino,
seppur geograficamente nel cuore
del Chianti Classico, in contrasto con
l’ortodossia chiantigiana, mette a dimora,
appunto sui balzi, una vigna anche
con Cabernet Sauvignon e Merlot.
Dapprima l’idea era quella di fare il suo
vino, da condividere in famiglia e cogli
amici, poi ci si rende conto della vocazione
del terroir e con la vendemmia
1987 arriva il primo imbottigliamento,
sono i primi 5.234 pezzi de I Balzini
White Label. Ma la vera svolta è l’entrata
in azienda della moglie Antonella,
una siciliana appassionata, solare, ma
soprattutto entusiasta, che nel 2004
decice d’azzardare, lasciando il suo
ben avviato studio di consulente del
lavoro per buttarsi nel mondo del vino.
E con lei, dopo quella prima vigna,
ne sorgono altre – oggi sono condotti
a vigneto 13 ettari, nove di proprietà
e quattro in affitto per una produzione
complessiva di circa 70mila bottiglie
– e nasce pure il progetto “Tuscan
Color”, arcobaleno di colori e prodotti,
che comprende I Balzini White Label
(Sangiovese e Cabernet Sauvignon),
il Black Label (Cabernet Sauvignon
e Merlot), il Red Label (Sangiovese,
Merlot, Cabernet Sauvignon), dedicato
ai mercati orientali, essendo il rosso
il loro colore portafortuna. Ma con
Antonella entrano in campo altre due
donne, Barbara Tamburini, la giovane
enologa dai modi graziosi, ma tenace
e severa sul lavoro, con la quale nasce
fin da subito un rapporto strettissimo
di collaborazione e la bella figlia Diana,
trentenne molto sensibile ai temi ambientali
per la salvaguardia del pianeta,
infatti I Balzini sono a conduzione biologica,
non ancora certificata: “Tra noi
c’è un bel rapporto, ci confrontiamo,
discutiamo e nascono idee interessanti
– ci dice Antonella – per esempio
Diana mi ha convinto che nella nostra
gamma mancava un vino semplice e
beverino, da gustare tranquillamente
con un piatto di pasta, così è nato il
fresco Green Label, vinificato solo in
acciaio, senza uso di legno, a base di
Sangiovese e Mammolo per profumarlo”.
Pensando ai ragazzi, omaggio alla
generazione di giovani in avvicinamento
al vino, Antonella ha voluto anche il
Pink Label, rosato profumatissimo e
di gran carattere, prodotto da uve rosse
vinificate in bianco, Sangiovese con
una piccola aggiunta di Merlot, un vino
che ha la forza di un rosso e i profumi
di un bianco e può metter d’accordo
a tavola palati diversi. Ma Antonella,
fin dal suo ingresso in azienda, ha un
sogno visionario, vuole un vino che sia
l’espressione “profonda” del territorio
e, con l’aiuto dell’agronomo Roberto
Lamorgese, viene studiato un vino che
ha preteso un lavoro particolarmente
faticoso e dispendioso: per otto anni
e per due volte l’anno due persone in
ginocchio, in un piccolissimo appezzamento
del vecchio vigneto di Merlot,
hanno tagliato le radici superficiali
per indirizzare il fittone verso il basso.
Arriva il 2015, erano perciò maturati i
tempi per festeggiare un’importante ricorrenza,
che molte aziende non possono
vantare, i 35 anni dall’impianto di
quella prima vigna galeotta da parte
di Vincenzo, che oggi è il padre nobile
de I Balzini… Il sogno di Antonella nel
frattempo è divenuto realtà e non si
poteva non brindare con un nuovo colore
del personale arcobaleno scaturito
dalla sua fervida fantasia, ma per un
evento così importante ci voleva una
sfumatura significativa, quella dell’oro
appunto, il colore della festa: nasce
così il Gold Label, che vuol essere un
vino della memoria, ma anche un sorso
del terroir di Barberino Val d’Elsa.
Ogni passaggio produttivo, così come
ogni elemento che lo compone, deriva
da scelte ben precise, a partire ovviamente
dalle uve, che Antonella voleva
fossero l’espressione più intima del
territorio dove sorge l’azienda: “Sono
orgogliosa di questa mia creatura, fortemente
voluta. Il Gold è un vino esclusivo,
frutto di un lavoro di circa dieci
anni su un piccolo pezzetto del vigneto
più vecchio – gli occhi di Antonella
quando ne parla brillano davvero di
una luce speciale, quasi si commuove
– un Merlot in purezza dal color rubino
molto intenso, concentrato e profondo,
un rosso bello, equilibrato, elegante e
pulito, che ho voluto io, concepito in vigna
e affinato amorevolmente in cantina.
Il difficile lavoro di taglio delle radici
superficiali è stato fatto per far affondare
fisicamente il fittone verso la terra
più profonda, verso un abisso che è la
memoria di un mare preistorico, il cui
ricordo resta nei fossili e nella potente
ricchezza dei sali minerali, conferendo
al vino un carattere unico e prezioso”.
Naturalmente il Gold Label, che sarà
prodotto solo nelle annate top, aveva
bisogno di un “abito” importante, ricercato
e prezioso e anche al packaging è
stata rivolta attenzione maniacale: una
bottiglia scura formato tronco conico,
a spalla alta, proveniente da un’azienda
francese specializzata in bottiglie di
lusso; l’etichetta è realizzata con serigrafia
in oro zecchino e fusione in forno
direttamente nel vetro della bottiglia da
una vetreria artigiana di Montespertoli;
i tappi di sughero naturali monopezzo
provengono dal Portogallo e sono stati
selezionati a mano e annusati a uno a
uno con un certosino lavoro artigianale
da uno staff di donne appositamente
addestrate ad annusare i tappi, per ridurre
al minimo la possibilità di contaminazioni
olfattive. Un vino che ha fatto
dire a Luca Gardini, miglior sommelier
del mondo 2010: “Se guardo nel bicchiere
penso di essere a Pomerol, al
naso e in bocca in Toscana”. Questo
capolavoro d’eleganza e raffinatezza,
frutto di rese bassissime, ogni singolo
grappolo valutato e poi scelto a mano,
un uso oculato della barrique e un lungo
affinamento in bottiglia, ha un perfetto
equilibrio olfattivo con note di mora,
cassis, rabarbaro, eucalipto e china,
il suo gusto dai tratti salmastri è dolce,
morbido, setoso, rotondo, sapido e
avvolgente, con tannini nobili e lunghi,
un gran vino per il quale si prevede lunga
vita, che tra molti anni sarà capace
di emozionarci ancora. 380 bordolesi e
260 magnum numerate della vendemmia
2012, che Antonella firma personalmente
una a una, il cui valore è influenzato
dalla cura dei singoli dettagli,
dalle sfumature, dal lavoro e dalla ricerca,
che sono capaci di trasformare un
vino in un prodotto di lusso del lifestyle
italiano. Un vino fuori dal comune per
una donna fuori dal comune, che si è
sposata in bicicletta, a un certo punto
della sua vita ha deciso di lasciare
la tranquillità dell’ufficio per la cantina
e oggi è stata eletta anche delegato
della regione Toscana dell’associazione
“Donne del Vino”. Ma talvolta nel
corso della vita, quando ti trovi davanti
un paesaggio intatto, un’angolazione
da dove si possono scorgere anche le
torri di San Gimignano e che si può ritrovare
intatto nei fondi oro dei maestri
trecenteschi, si può anche decidere di
rivoluzionare tutto!

Gli Imperdibili 30 vini secondo l’Ais

I migliori 30 vini toscani selezionati dalla Guida Vitae 2016 dell’Associazione Italiana Sommelier. Il lavoro completo di selezione, assaggio e recensione dei vini forniti da oltre 450 aziende vitivinicole della Toscana è stato svolto, anche quest’anno, dai migliori Sommelier.

I BALZINI BLACK LABEL 2012

(Cabernet Sauvignon 50%, Merlot 50%)

 

Ha ottenuto il massimo riconoscimento dei 4 TRALCI nella seconda edizione della Guida ai Vini d’Italia VITAE edita dall’Associazione Italiana Sommelier.

Colore : Rubino denso e impenetrabile.

Quadro olfattivo intenso e nitido: ciliegia sotto spirito, glicine viola, rotella di liquirizia, After Eight e cioccolato noir.

In bocca dimostra un carattere più maschio: tannino di razza; il calore apporta spessore ad un corpo pieno ma dotato di agilità, che deve tutto alla componente acido-sapida.

Un anno abbondante di barrique e 18 mesi in bottiglia.

Da provare con lingua al dolceforte.

Argento I Balzini Brown Label Concorso Alambicco d’Oro

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La regione Toscana è seconda per maggior numero di medaglie, con 7 riconoscimenti d’argento e il Premio Speciale Toscana fra le regine dei distillati premiati da Anag nel concorso “Premio Alambicco d’Oro”.

Premiate 43 grappe e distillati in arrivo da tutta Italia e selezionati fra 135 prodotti in gara.

La medaglia d’argento toscana, categoria “Grappe invecchiate” è andata alla grappa I Balzini Brown Label Grappa Riserva della Società Agricola I Balzini – Barberino Val d’Elsa (FI).

La selezione dei distillati in gara è stata effettuata utilizzando la scheda di valutazione ufficiale di Anag, dando rilevanza, essenzialmente, a quattro criteri: sensazioni visive, equilibrio gustativo, ricchezza olfattiva e fragranza retrolfattiva.

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Vignaioli e Vini D’Italia 2016

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I piccoli e i magnati, gli artigiani e i nobiluomini. La terza edizione della guida ai «Vignaioli e vini d’Italia», in edicola da oggi, racconta le storie di 200 donne e uomini uniti da una passione produttiva ed umana. Come sempre, senza voti. Ogni bottiglia descritta è un capolavoro fuori classifica, da scoprire cercando di conoscere la storia di chi sta dietro l’etichetta. Nella selezione dei 200 l’ispirazione è venuta, ancora una volta, da Luigi Veronelli, padre della critica enologica italiana e collaboratore del Corriere della Sera. Il libro più recente su di lui si intitola «La sovversione necessaria» (Altreconomia edizioni), una raccolta di articoli, lettere private, interviste sul «Gino» politico. Negli ultimi anni si era messo in sintonia con i «giovani estremi» dei centri sociali e con loro aveva organizzato «Critical Wine», una contro-fiera. Racconta nel libro il fotografo Gianni Camocardi: «I piccoli vignaioli o quelli grandissimi erano alla pari, Giovanni Canonica e i Marchesi di Barolo stavano uno di fronte all’altro, pagavano la stessa (piccola) cifra e avevano lo stesso spazio e lo stesso semplicissimo tavolo. Gino voleva portare il vino, di qualunque livello, a tutti». «Vignaioli e vini d’Italia» edizione 2016 intreccia storie di ragazzi che tornano alla terra, i contadini 2.0, con le saghe delle famiglie aristocratiche. Mondi diversi, ma non così inconciliabili come appare ai puristi che dividono il mondo tra i piccoli artigiani, virtuosi, e gli imprenditori dei numeri importanti che sarebbero quindi devoti, a parer loro, più al mercato che alla qualità. Il pianeta vino non è mai stato così dinamico. Nuovi imprenditori crescono, altri conquistano mercati lontani. Sono 46 i vignaioli che fanno capolino per la prima volta nella guida. Lo studioso di storia antica che ha resuscitato un vecchio palmento sull’Etna, i fratelli campioni del Sauvignon friulano, la signora dell’Amarone che vive come un’artigiana del Rinascimento, il grande produttore che abbatte le case per esaltare il paesaggio, l’eretico della Franciacorta protagonista di un racconto giallo, la donna che ha inventato il Merlot più caro d’Italia, l’enologo che pianta le viti sulle mura di un castello, l’ex studente che cura le piante di isole della laguna veneziana, l’ex manager che ha lanciato la più piccola doc d’Italia. E altri ancora. Luca Gardini, super sommelier, già campione del mondo, ha descritto, per ogni vignaiolo e produttore, il vino portabandiera che l’azienda ha sul mercato. Le 200 bottiglie selezionate sono il frutto della ricerca di una qualità comune: l’autenticità dei vini. Vini veri, onesti, che mantengono quello che promettono. E accanto alle schede sui vini ci sono indicazioni pratiche sulle cantine da visitare. Infine un’appendice su come conservare le bottiglie, in appartamento o, per i fortunati, in stanze meno calde e più attrezzate. Mentre si sta per chiudere l’Expo, si scorgono segnali del termine della notte della crisi. Il vino italiano può diventare una delle locomotive della ripresa. Le premesse ci sono: siamo i primi al mondo per quantità, possiamo conquistare, prima o dopo, il podio della qualità. È il momento — questo è l’auspicio che apre l’edizione 2016 della guida — di lasciarsi alle spalle i pessimismi. Ripetendo, con Veronelli, che «dopo l’uomo e prima dell’animale il vino è una creatura capace di raccontare la qualità, il clima, la bellezza, la storia e gli uomini che, nei secoli, lo hanno prodotto».