Un merlot d’oro per i 35 anni de i Balzini

Oinos – anno IV, n.4

di Daniela Fabietti

Questa storia inizia nel “lontano” 1977,
un’epoca “antica” per la storia della viticoltura
toscana di qualità, ma anche di
gran fermento enoico, quando Vincenzo
D’Isanto, persona molto pragmatica
e meticolosa, decise d’acquistare
a Pastine, vicino Barberino Val d’Elsa,
una casa colonica con dei terreni denominati
sui fogli catastali Balzini. Per
capire cosa fare a “I Balzini” Vincenzo
va subito sul sicuro, rivolgendosi al noto
assaggiatore che abita nella vicina
Poggibonsi, il mitico “Bicchierino”, al
secolo Giulio Gambelli, principe del
Sangiovese toscano: ma il maestro
sentenzia, come suo solito senza giri
di parole, che lì però il Sangiovese
non può crescere bene, nel terreno c’è
troppo tufo, meglio scegliere vitigni capaci
di andare a fondo nel terreno fino
ad abbracciare quei fossili di conchiglie
e sali minerali di cui quella terra è ricca.
Così nel 1980, armato di passione e
coraggio, il noto commercialista fiorentino,
seppur geograficamente nel cuore
del Chianti Classico, in contrasto con
l’ortodossia chiantigiana, mette a dimora,
appunto sui balzi, una vigna anche
con Cabernet Sauvignon e Merlot.
Dapprima l’idea era quella di fare il suo
vino, da condividere in famiglia e cogli
amici, poi ci si rende conto della vocazione
del terroir e con la vendemmia
1987 arriva il primo imbottigliamento,
sono i primi 5.234 pezzi de I Balzini
White Label. Ma la vera svolta è l’entrata
in azienda della moglie Antonella,
una siciliana appassionata, solare, ma
soprattutto entusiasta, che nel 2004
decice d’azzardare, lasciando il suo
ben avviato studio di consulente del
lavoro per buttarsi nel mondo del vino.
E con lei, dopo quella prima vigna,
ne sorgono altre – oggi sono condotti
a vigneto 13 ettari, nove di proprietà
e quattro in affitto per una produzione
complessiva di circa 70mila bottiglie
– e nasce pure il progetto “Tuscan
Color”, arcobaleno di colori e prodotti,
che comprende I Balzini White Label
(Sangiovese e Cabernet Sauvignon),
il Black Label (Cabernet Sauvignon
e Merlot), il Red Label (Sangiovese,
Merlot, Cabernet Sauvignon), dedicato
ai mercati orientali, essendo il rosso
il loro colore portafortuna. Ma con
Antonella entrano in campo altre due
donne, Barbara Tamburini, la giovane
enologa dai modi graziosi, ma tenace
e severa sul lavoro, con la quale nasce
fin da subito un rapporto strettissimo
di collaborazione e la bella figlia Diana,
trentenne molto sensibile ai temi ambientali
per la salvaguardia del pianeta,
infatti I Balzini sono a conduzione biologica,
non ancora certificata: “Tra noi
c’è un bel rapporto, ci confrontiamo,
discutiamo e nascono idee interessanti
– ci dice Antonella – per esempio
Diana mi ha convinto che nella nostra
gamma mancava un vino semplice e
beverino, da gustare tranquillamente
con un piatto di pasta, così è nato il
fresco Green Label, vinificato solo in
acciaio, senza uso di legno, a base di
Sangiovese e Mammolo per profumarlo”.
Pensando ai ragazzi, omaggio alla
generazione di giovani in avvicinamento
al vino, Antonella ha voluto anche il
Pink Label, rosato profumatissimo e
di gran carattere, prodotto da uve rosse
vinificate in bianco, Sangiovese con
una piccola aggiunta di Merlot, un vino
che ha la forza di un rosso e i profumi
di un bianco e può metter d’accordo
a tavola palati diversi. Ma Antonella,
fin dal suo ingresso in azienda, ha un
sogno visionario, vuole un vino che sia
l’espressione “profonda” del territorio
e, con l’aiuto dell’agronomo Roberto
Lamorgese, viene studiato un vino che
ha preteso un lavoro particolarmente
faticoso e dispendioso: per otto anni
e per due volte l’anno due persone in
ginocchio, in un piccolissimo appezzamento
del vecchio vigneto di Merlot,
hanno tagliato le radici superficiali
per indirizzare il fittone verso il basso.
Arriva il 2015, erano perciò maturati i
tempi per festeggiare un’importante ricorrenza,
che molte aziende non possono
vantare, i 35 anni dall’impianto di
quella prima vigna galeotta da parte
di Vincenzo, che oggi è il padre nobile
de I Balzini… Il sogno di Antonella nel
frattempo è divenuto realtà e non si
poteva non brindare con un nuovo colore
del personale arcobaleno scaturito
dalla sua fervida fantasia, ma per un
evento così importante ci voleva una
sfumatura significativa, quella dell’oro
appunto, il colore della festa: nasce
così il Gold Label, che vuol essere un
vino della memoria, ma anche un sorso
del terroir di Barberino Val d’Elsa.
Ogni passaggio produttivo, così come
ogni elemento che lo compone, deriva
da scelte ben precise, a partire ovviamente
dalle uve, che Antonella voleva
fossero l’espressione più intima del
territorio dove sorge l’azienda: “Sono
orgogliosa di questa mia creatura, fortemente
voluta. Il Gold è un vino esclusivo,
frutto di un lavoro di circa dieci
anni su un piccolo pezzetto del vigneto
più vecchio – gli occhi di Antonella
quando ne parla brillano davvero di
una luce speciale, quasi si commuove
– un Merlot in purezza dal color rubino
molto intenso, concentrato e profondo,
un rosso bello, equilibrato, elegante e
pulito, che ho voluto io, concepito in vigna
e affinato amorevolmente in cantina.
Il difficile lavoro di taglio delle radici
superficiali è stato fatto per far affondare
fisicamente il fittone verso la terra
più profonda, verso un abisso che è la
memoria di un mare preistorico, il cui
ricordo resta nei fossili e nella potente
ricchezza dei sali minerali, conferendo
al vino un carattere unico e prezioso”.
Naturalmente il Gold Label, che sarà
prodotto solo nelle annate top, aveva
bisogno di un “abito” importante, ricercato
e prezioso e anche al packaging è
stata rivolta attenzione maniacale: una
bottiglia scura formato tronco conico,
a spalla alta, proveniente da un’azienda
francese specializzata in bottiglie di
lusso; l’etichetta è realizzata con serigrafia
in oro zecchino e fusione in forno
direttamente nel vetro della bottiglia da
una vetreria artigiana di Montespertoli;
i tappi di sughero naturali monopezzo
provengono dal Portogallo e sono stati
selezionati a mano e annusati a uno a
uno con un certosino lavoro artigianale
da uno staff di donne appositamente
addestrate ad annusare i tappi, per ridurre
al minimo la possibilità di contaminazioni
olfattive. Un vino che ha fatto
dire a Luca Gardini, miglior sommelier
del mondo 2010: “Se guardo nel bicchiere
penso di essere a Pomerol, al
naso e in bocca in Toscana”. Questo
capolavoro d’eleganza e raffinatezza,
frutto di rese bassissime, ogni singolo
grappolo valutato e poi scelto a mano,
un uso oculato della barrique e un lungo
affinamento in bottiglia, ha un perfetto
equilibrio olfattivo con note di mora,
cassis, rabarbaro, eucalipto e china,
il suo gusto dai tratti salmastri è dolce,
morbido, setoso, rotondo, sapido e
avvolgente, con tannini nobili e lunghi,
un gran vino per il quale si prevede lunga
vita, che tra molti anni sarà capace
di emozionarci ancora. 380 bordolesi e
260 magnum numerate della vendemmia
2012, che Antonella firma personalmente
una a una, il cui valore è influenzato
dalla cura dei singoli dettagli,
dalle sfumature, dal lavoro e dalla ricerca,
che sono capaci di trasformare un
vino in un prodotto di lusso del lifestyle
italiano. Un vino fuori dal comune per
una donna fuori dal comune, che si è
sposata in bicicletta, a un certo punto
della sua vita ha deciso di lasciare
la tranquillità dell’ufficio per la cantina
e oggi è stata eletta anche delegato
della regione Toscana dell’associazione
“Donne del Vino”. Ma talvolta nel
corso della vita, quando ti trovi davanti
un paesaggio intatto, un’angolazione
da dove si possono scorgere anche le
torri di San Gimignano e che si può ritrovare
intatto nei fondi oro dei maestri
trecenteschi, si può anche decidere di
rivoluzionare tutto!