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Il Bacco di Caravaggio e il vino: un capolavoro da degustare

Quest’anno ricorre il cinquecentenario della nascita di Michelangelo Merisi detto Caravaggio; una mostra a Milano si aprirà il 29 settembre, giorno della sua nascita, e celebrerà questo immortale artista che ha innovato i temi delle pittura, ha svincolato le divinità pagane dalla tradizionale visione statica, ha dato fisicità alle figure religiose, ha reso un senso della luce completamente nuovo.
Se si pensa alla correlazione tra Caravaggio e il vino, subito viene in mente il celeberrimo dipinto raffigurante il dio Bacco, conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Un Bacco giovane, muscoloso, in salute e con un’espressione rilassata. Una caraffa e un calice di fattura veneziana attirano l’attenzione: il giovane dio offre la coppa di vino appena versato (se ne vedono le bollicine). Il vino nel bicchiere, attraversato dalla luce, è estremamente realistico; ne vediamo il colore, la trasparenza, le increspature.
Caravaggio con il vino ha avuto un rapporto intenso, intimo, allegorico, si cerca ancora il significato di questo giovane dio e del vistoso fiocco nero sul suo ombelico. Molte correnti di pensiero hanno attribuito le increspature del calice alla mano malferma del giovane, forse leggermente ebbro.
Noi preferiamo una lettura iconoclasta di quesa magnifica opera: narici dilatate, increspature del vino, un movimento circolare per sprigionarne gli aromi, le dita che sorreggono il calice nella parte più bassa dello stelo, affinchè la mano non porti altri effluvi al naso. Tutto questo ci fa immaginare il giovane dio come un novello degustatore, pronto ad assaporare con consapevolezza il nettare servito in quel calice. Prosit!

In cantina quella strana bottiglietta capovolta

Non passa giorno che qualche nostro visitatore domandi incuriosito cosa sia quello strano oggetto di vetro in cima ai tini. E’ un tappo colmatore e preserva il vino dall’esposizione a l’aria e, conseguentemente, a l’ossigeno.

Completamente in vetro e composto da due “bolle” – una chiusa e direttamente in contatto con il vino (quella inferiore), l’altra (quella superiore) aperta per metterci l’acqua e chiudere con il proprio tappo – il colmatore viene messo nel chiusino in cima ai tini, oppure nel cocchiume (apertura delle botti).

La sua prima funzione è quella di permettere di colmare i tini senza aprirli, limitando così l’esposizione del vino all’ossigeno. Osservando la prima ‘bolla’, la trasparenza del vetro mostra se il vino è salito o se si sta ritirando o espandendo, e quindi se bisogna aggiungerne o toglierne. Il vino è un prodotto vivo, tende ad aumentare e diminuire di volume per variazioni climatiche o esterne, aumenta nei giorni di luna piena e viceversa. Un’altra funzione è quella di “gorgogliatore” permette cioè, durante la fermentazione, la fuoriuscita di gas o liquidi senza far entrare aria.

Sull’invenzione di questo oggetto ci sono varie ipotesi; recenti teorie la fanno risalire a Leonardo da Vinci, ma non ci sono documenti a confermarlo. Mentre su autorevoli testi, ripresi anche dal grande Giacomo Tachis, come La vite e il vino dalle origini ai nostri giorni, si può leggere che si devono al XIX secolo molte importanti invenzioni nel campo enologico; la prima mostatrice a cilindri, opera del Dott. Romeni e il colmatore di cristallo inventato da Monsignor Arcangeli, per citare alcuni esempi.

Attitudini in rosa

Troppo spesso il percorso verso l’uguaglianza tra i sessi si riduce a una spasmodica corsa da parte della donna verso l’emulazione di solidi e comprovati modelli maschili con uno snaturamento che produce orde di donne nervose, tristi, frustrate che cercano di soffocare se stesse per ricalcare i modelli maschili. Vinceremo le nostre battaglie portando avanti anche un modello femminile sul modo di fare le cose.

Il vino e la moda indissolubile connubio

I sensi uniscono il mondo del vino e della moda per l’irrinunciabile tocco Italian Style.

L’Italia nel mondo miete successi internazionali per moda e vino. Sono settori che danno valore aggiunto alla nostra economia coinvolgendo migliaia fashion victims e wine lovers
Questi due mondi si uniscono, si intersecano, a volte parlano un linguaggio sensoriale comune: vista, olfatto, tatto si coniugano in termini comuni; chi può dimenticare il famoso rosso bordeaux, un rosso particolarmente scuro, il cui nome deriva dall’omonimo vino francese. Il colore del vino cambia negli anni, ecco il rosso rubino, granato, il rosso porpora, il colore che durante il Rinascimento indossava la famiglia de Medici. Il vino ha sentori floreali, stampe bouquet, rose da giardino inglese sono la sintesi delle tendenze moda per la primavera estate 2017 vestiti fleury e abiti a fiori di tutte le fogge, tagli e stili, da indossare in liberi abbinamenti botanici, portando al naso un calice di vino per inebriarsi di viola mammola, giaggiolo, rosa tea, lavanda, ginestra una variegata corbeille di inebrianti sentori. L’immaginazione si anima alla inebriante sensazione tattile regalataci da Neruda …“vino morbido come un disordinato velluto”, emozioni da trovare nei vini prodotti a I Balzini.
La moda e il vino hanno anche una parola comune: vintage. Sinonimo di eleganza indossare un vecchio abito scovato nei mercatini, oppure pagato a caro prezzo nei negozi di tendenza, purchè sia griffato. Uno Chanel originale degli anni ’40 ha visto fashion-addicts disposte a pagare cifre astronomiche per accaparrarselo. Per le vecchie annate del vino c’è chi le cerca in enoteche specializzate, chi alle aste ufficiali – Christie’s e Sotheby’s i punti di riferimento a livello internazionale, Pandolfini a Firenze.

Il vino ha mietuto vittime anche tra gli stilisti che non sono riusciti a resistere alla tentazione di diventare vigneron: Roberto Cavalli bottiglie deluxe di vino toscano “vestite” nel suo inconfondibile stile; la famiglia Ferragamo produce vino al Borro, Antonio Moretti, patron della Tenuta Sette Ponti e imprenditore del mondo della moda con i marchi Carshoe e Arfango, Stefano Ricci che ha vestito la sua bottiglia con eleganti motivi cashmere. Fuori dalla Toscana Renzo Rosso, il vulcanico Mr. “Diesel”, che produce vini con il suo cognome, i Missoni, con vigneti nelle Langhe e in Sicilia e Brunello Cucinelli che fa vino per una sorta di ritorno alla vita agreste.

Cosa scegliere per il brindisi di SanValentino?

Cosa scelgono gli innamorati per il brindisi di San Valentino? Le indagini indicano i grandi vini rossi italiani. Probabilmente la iason del colore lega la scelta: rosso colore della passione, del fuoco, del vino, elementi che in una storia d’amore si fondono.
Gli innamorati usualmente per il giorno del romanticismo scelgono un ristorante o le intime mura di casa dove consumare il nettare di Bacco guardandosi negli occhi, al lume di candela.
La compagnia di un vino morbido, elegante, piacevole da bere; il rito di aprire la bottiglia, scoprirne i variegati profumi , suadente al palato, equilibrio perfetto, tutto serve a rendere indimenticabile la serata.
La scelta del vino crea una grande intesa, farla insieme è condividere un momento di complicità. L’universo degli innamorati è grande e variegato, senza dimenticare un grande aforisma “ Una donna e un bicchiere di vino soddisfano ogni bisogno, chi non beve e non bacia è peggio che morto. Johann Wolfgang von Goethe (1749 – 1832)”.

Vino un bene prezioso non sprechiamo gli avanzi

Il vino è un bene prezioso, pazienza per produrlo, tempo per affinarlo. Il contenuto di un calice di vino rosso ha effetti positivi sulla salute e sulla mente; incide positivamente sull’umore, allontana gli effetti negativi della vecchiaia e alcune malattie. Bere, con moderazione, fa bene, la forte presenza di polifenoli e bioflavonoidi sono un toccasana e nella cosmesi da lucentezza alla pelle, allora non sprechiamolo.
Degustiamolo a tavola con familiari ed amici, conserviamo gelosamente l’avanzo di bottiglia per il giorno dopo, nuovi tappi tecnici , usati per conservare il vino, impediscono un’ossidazione veloce sono ottimi per farlo durare inalterato qualche giorno.
L’impiego in cucina degli avanzi del vino sono variegati; noi ne abbiamo provato diversi, sperimentando anche varie ricette e ne condividiamo qualcuna con voi.
Il risotto a I Balzini, gustoso, elegante, con un piccolo segreto di Antonella D’Isanto per smorzare l’acidità. La cottura del vino non diminuisce l’acidità che non evapora e si aggiunge ai sapori del cibo. Sarà allora opportuno renderla più gradevole e meno aggressiva, impiegando ingredienti tendenzialmente dolciastri, come grassi e amidi.
Il segreto nella ricetta.

Risotto al vino i Balzini White Label

Ingredienti per 4 persone

gr.350 di riso carnaroli
1 scalogno
2 salsicce
gr.100 fagioli cannellini lessati
1 bicchiere di I BALZINI White Label
brodo q.b.
3 cucchiai di olio d’oliva extravergine
pecorino toscano stagionato

Mondate lo scalogno e tritatelo finemente, farlo appassire nell’olio a fuoco basso; appena lo scalogno è leggermente dorato aggiungere la salsiccia precedentemente spellata e fatta a pezzettini. Farli rosolare insieme per qualche minuto continuando a schiacciare la salsiccia con una forchetta; unire il riso, far rosolare fino a quando diventa trasparente a questo punto sfumare con il vino continuando a mescolare. Quando il vino sarà evaporato continuare a cuocere a fuoco medio, aggiungendo il brodo poco alla volta per non far asciugare il riso e facendo attenzione che il brodo aggiunto sia sempre caldo per non interrompere la cottura. A cottura quasi ultimata aggiungere i fagioli cannellini schiacciati, far amalgamare il tutto (questo è il segreto di Antonella D’Isanto).
Ultimata la cottura far riposare il riso un paio di minuti e servirlo con sopra il pecorino a scaglie.

Il vino nel legno come pulire e sanificare le barrique

L’utilizzo di contenitori in legno per la conservazione e il trasporto del vino è antichissimo, e sembra risalire all’epoca egizia. Di varie forme e materiali, nel tempo si diffusero quelli dai contorni panciuti, tipo l’attuale botte, che risultarono i migliori per il trasporto del vino sulle navi.
Se prima il legno più utilizzato era il rovere della Bosnia e Slavonia adesso la tendenza è verso il rovere francese, ideale per la diversa concentrazione di tannini e per le tecniche di taglio, lavorazione e tostatura delle tonnellerie francesi.
Oltre ad essere costose, le barrique necessitano di cure e attenzioni. Fondamentale la pulizia per eliminare le incrostazioni di tartrati, raggiungendo possibilmente gli strati interni delle doghe, che potrebbero ospitare micro-organismi e le tanto temute colonie di Brettanomyces. Le tecniche di pulizia più utilizzate prevedono l’uso di acqua calda superiore a 70°C, vapore a 110°C e l’uso di prodotti specifici.
A I Balzini usiamo la solfitazione: si accende un dischetto di zolfo e si inserisce nella barrique tappandola. L’anidride solforosa penetra all’interno delle microporosità del legno, svolgendo un’azione disinfettante in profondità contro le colonie di micro-organismi inquinanti, responsabili di difetti olfattivi nei vini.